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La governance nelle societa'
12.09.2019

LA GOVERNANCE NELLE SOCIETA’  

di  Federica Nolli

Eccomi di nuovo qui a parlare di governance, e questa volta rispetto al passato (vedi nostro articolo in data 14.3.2016 ) parlo non solo di società quotate.

Perché?

Perché governance significa governo e quindi ‘buon governo’, e il buon governo è la conduzione di un’azienda nel modo più efficace, efficiente, etico possibile.

La Corporate Governance riguarda la gestione dei rapporti tra azionisti/proprietari dell’impresa e gli amministratori/manager, l’articolato sistema di relazioni tra soci di controllo, soci di minoranza, amministratori e il management, ma non solo: gli stakeholder, tutti coloro che hanno interessi nell’impresa fanno parte del sistema complesso di governo dell’impresa.

E se sembra che solo le quotate, nelle quali la governance è determinata da Leggi e Regolamenti e controllata da Autorità nazionali di controllo, e nelle quali le risorse umane e finanziarie sono rilevanti, possano raggiungere il buon governo, in realtà soprattutto nelle PMI il buon governo, anche dei pochi soci ed amministratori, può avere degli effetti ‘moltiplicativi’ delle performances aziendali, perché più flessibile e di più facile eseguibilità.

Nelle PMI si possono definire le strategie con un brain storming che coinvolge tutti gli attori principali (Cda, soci, manager), perché pianifico a breve e medio termine, perché controllo e correggo in tempo e deviazioni.

Prenderò pertanto i concetti ‘vecchi’ e li esaminerò alla luce degli ultimi anni

Che cosa avevo scritto nel 2016?

Sul ‘buon sistema di governo’, quando sono rispettati i principi di competenza, disponibilità, trasparenza, efficacia.

E questo è più che mai vero dopo due anni, in tutti gli organi di governo: se i requisiti di competenza, verificati nella composizione degli organi delle quotate, non sempre possono essere rispettati nelle PMI con il passaggio generazionale, quelli di disponibilità di tempo costituiscono una criticità anche nelle società quotate.

I regolamenti Consob prevedono un numero massimo di incarichi, ma da conteggiare in società quotate, come se l’impegno in altre società non quotate non costituisse un vincolo al tempo disponibile.

Il regolamento del Cda deve incorporare questi vincoli, ma spesso lo fa con estrema tolleranza, permettendo ai membri esterni dei Cda una molteplicità di incarichi che mina l’efficacia del buongoverno.

Nel board USA spesso i regolamenti stabiliscono un numero minimo di ore che i membri esterni devono dedicare all’azienda: il principio di efficacia, che significa effettività del raggiungimento degli obiettivi strategici e nella prevenzione dei rischi rilevanti, è più facilmente rispettato se si possono dedicare all’azienda tempo e risorse non solo degli amministratori manager. 

 Avevo scritto sui 3 modelli di governance possibili per le società di capitali (monistico, dualistico, tradizionale) e di come il 51% dei paesi europei (OCSE Governance Factbook 2015) avesse scelto il monistico, il 18% il dualistico, il 23% il monistico o dualistico (con possibilità di scelta), mentre solo l’8% avesse dato alle società di capitali la possibilità di scelta tra tutti e tre i sistemi.

Tra queste ultime l’Italia, dove prevale ancora il sistema tradizionale, con meno dell’1% delle società di capitali che ha adottato i modelli di governance alternativi.

Il fallimento del sistema dualistico in una grande banca quotata come Intesa San Paolo, che nel 2016 è passata al monistico, ha portato alla ribalta le criticità di un modello nel quale l’assemblea nomina l’organo di controllo (Consiglio di sorveglianza) e questo nomina l’organo amministrativo (Consiglio di gestione), e il conseguente scollamento tra i soci e l’organo amministrativo.

 

Quindi è il modello tradizionale a governare l’impresa italiana, il modello che prevede l’assemblea dei soci che nomina l’organo amministrativo (Consiglio di amministrazione) e l’organo di controllo (collegio sindacale); ma, indipendentemente dalla struttura dell’uno e dell’altro modello, il buon governo dell’impresa deriva dalla capacità degli organi di valutare i rischi, di assumere decisioni sulla base di dati attendibili ed aggiornati, di essere trasparenti, di garantire un ambiente di lavoro equo e sostenibile, di sviluppare la visione strategica attraverso l’adattamento della struttura agli obiettivi, di adottare costanti policies di aggiornamento dei propri membri. … e di integrarsi tra loro in un’ottica di gestione unitaria dell’impresa.

Avevamo riassunto tutto questo nella Tabella 1 allegata

In questo niente è cambiato: continuiamo a credere che il miglioramento della governance, sia nelle PMI che nelle grandi aziende, costituisca un fattore di successo. I needs che arrivano dall’ambiente esterno, insieme ai rischi che l’evoluzione dei mercati, la globalizzazione e le azioni e reazioni dei competitors creano giornalmente alla crescita dell’impresa e alla sua sopravvivenza, determinano la necessità all’interno dell’impresa di un cambiamento organizzativo in relazione agli obiettivi di competenza, indipendenza e disponibilità degli organi amministrativi

A questi principi è riconducibile l’intervento del legislatore. La legge 155/2017 e il DLGS 14/2019 hanno riformato la disciplina della crisi d’impresa e della sua insolvenza: attraverso la predisposizione in azienda di un sistema per l’individuazione ed il monitoraggio dei fattori di rischio aziendale e il loro controllo attraverso parametri di misurazione delle performance, si mira ad allertare gli organi del governo aziendale sui segnali di crisi.

L’attuazione del buon governo, attraverso il coinvolgimento di tutti gli organi e il rispetto dei detti principi, è l’obiettivo principale da perseguire: permette di limitare i rischi implementando un costante sistema di analisi dei rischi e di controllo dei parametri aziendali.

Un buon sistema di controllo interno di gestione è solo uno degli strumenti a disposizione del management d’impresa: l’analisi di grandi masse di dati diventa infatti inutile se chi li legge non ha quella cultura d’impresa, le competenze, la disponibilità di tempo necessari per una interpretazione dei dati efficace, ovvero se l’impresa non è in grado di attuare un cambiamento organizzativo.

La governance al femminile.  Tabella 2 allegata

La Legge Golfo-Mosca 120/2011 stabiliva che almeno un terzo dei componenti gli organi sociali delle società quotate fosse riservato a componenti di genere femminile: la determinazione delle c.d ‘’quote rosa’’ ha portato ad una ‘’riserva’’ forzata del 36%, contro il 7% del 2010. La presenza femminile (Quaderni di Finanza CONSOB n.85 Dic.2017:’Board Diversity e performance delle imprese quotate in Europa’ e 87’Gender Diversity e performance delle società quotate in Italia’ Sett.2018) ha aumentato il livello medio di istruzione, abbassando contemporaneamente l’età media dei Board.

E’ stata anche stabilita una correlazione tra performance aziendali (Roa, Ros,Roic) e numero di donne presenti nel Board: in modelli econometrici dinamici, la reddittività migliora quando nel Board le donne rappresentano una percentuale dal 17 al 20.

A mio giudizio è importante che la governance sia una buona governance, indipendentemente che ad esercitarla siano uomini o donne, ma che sia stata abolita la discriminazione di genere, anche se forzata, dopo secoli di predominanza maschile, costituisce un indubbio successo.

La legge ha un periodo di decorrenza di tre mandati, scadrà quindi nel 2020, e diversi Enti hanno iniziato la battaglia perché la parità di genere sia mantenuta: Borsa Italiana nel luglio 2018 ha modificato il Codice di Autodisciplina delle società quotate, raccomandando il mantenimento della parità di genere sia nei Cda che nei Collegi Sindacali.

 

OECD Governance Factbook 2019.

L’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) nell’ultima pubblicazione fornisce un resoconto aggiornato dello stato dei sistemi di governance nel mondo attraverso l’analisi di come i G20/OECD Principles of Corporate Governance siano applicati nei diversi Paesi; e si parla di buone pratiche di corporate governance:

‘’The OECD Corporate Governance Factbook (the Factbook) supports the implementation of good corporate governance practices by providing easily accessible and up-to-date information about countries’ institutional, legal and regulatory frameworks’’  

 

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